Ci piace condividere un interessantissimo articolo tratto dal quotidiano di informazione Giuridica Diritto e Giustizia.
L’articolo è a firma dell’avvocato Girolamo Lazoppina; di seguito l’articolo.
Al di là di alcune modifiche terminologiche – il fallimento d’ora in poi si chiamerà liquidazione giudiziale – con il nuovo codice il legislatore si è posto l’ambizioso obiettivo di considerare il fallimento una sorta di extrema ratio e di porre tutte le condizioni affinché l’impresa in crisi (in crisi non irreversibile) possa salvarsi. Rispetto alla vecchia legge fallimentare, che il nuovo codice manda in pensione, è soprattutto all’interesse dell’impresa che il legislatore (anche in ossequio agli orientamenti dell’Unione Europea) ha guardato, con un innegabile cambio di prospettiva rispetto al passato ed al ruolo di dominus incontrastato che aveva il creditore.
La stesura originaria del codice prevedeva un istituto, quello delle Procedure d’allerta e di composizione assistita della crisi (artt. 12 – 25 della stesura iniziale), che era una vera ed assoluta novità: il legislatore si poneva infatti il problema di prevenire la crisi dell’impresa o comunque di coglierla sul nascere, in modo da poterla affrontare per tempo e risolvere. Usando un parallelismo con la terminologia medica si è detto che prevenire è meglio che curare. Le misure d’allerta consistevano sostanzialmente in obblighi di segnalazione gravanti sugli organi di controllo societari e sui creditori pubblici qualificati disciplinati dalla prima versione degli artt. 14 e 15, nonché nel novellato art. 2086 c.c. (Gestione dell’impresa), in vigore sin dal 16 marzo 2019, il quale impone all’imprenditore di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Il procedimento d’allerta sarebbe stato gestito dall’O.C.R.I. (Organismo di composizione della crisi d’impresa). Nelle more dell’entrata in vigore del nuovo codice il legislatore ha partorito un nuovo istituto, la Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa (l. 21 ottobre 2021 n. 147 di conversione del d.l. n. 118/2021): si tratta di una procedura stragiudiziale, gestita da un esperto qualificato, attivabile tramite una piattaforma telematica nazionale, ma che ha come presupposto la circostanza che risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa; in sostanza che la crisi risulti ex ante risolvibile. Tale nuovo istituto è andato a sostituire la precedente normativa delle procedure di allerta (artt. 12 -25) con l’aggiunta di nuove previsioni quali il Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies) e il recupero della normativa sulle segnalazioni dei creditori degli organi di controllo e dei creditori pubblici qualificati, nonché con la previsione di obblighi di comunicazione per banche e intermediari finanziari.
Il codice dà poi una nuova definizione di crisi – che implica una probabilità di insolvenza da valutare nei dodici mesi futuri – ma non di insolvenza, che rimane la stessa prevista dall’art. 5 l.fall.: una sorta di condizione debitoria dinamica, una proiezione futura delle possibilità reddituali del debitore e del recupero della continuità aziendale, molto orientata sulla vita futura dell’impresa.
Vengono poi definiti i nuovi assetti organizzativi in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa, nonché i doveri delle parti nella composizione negoziata, nelle trattative e nei procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, improntati ai principi di buona fede e correttezza.
Dal punto di vista procedurale il C.C.I.I. introduce un procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza ed alla liquidazione giudiziale, con l’eliminazione del vecchio concordato preventivo in bianco previsto dall’art. 161, comma 6, l. fall. L’art. 84 CCII prevede che l’imprenditore che non abbia i requisiti congiunti previsti per l’impresa minore e che si trovi in stato di insolvenza, può proporre un concordato che realizzi, sulla base di un piano il cui contenuto è espressamente disciplinato dall’art. 87, il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale mediante la continuità aziendale, la liquidazione del patrimonio, l’attribuzione delle attività ad un assuntore o in qualsiasi altra forma. La continuità aziendale deve tutelare l’interesse dei creditori e preservare, nella misura possibile, i posti di lavoro. I creditori vengono soddisfatti in misura anche non prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale.
Il C.C.I.I. ha recepito anche la normativa sulle procedure di sovraindebitamento (l. n. 3/2012), con delle importanti novità: ha ridefinito le nozioni di sovraindebitamento, di consumatore e degli Organismi di composizione delle crisi da sovraindebitamento (O.C.C.) ed ha inserito in modo organico ed autonomo i due istituti dell’accordo di composizione della crisi ed del piano del consumatore dando però loro nome, collocazione e disciplina autonomi: Ristrutturazione dei debiti del consumatore (articoli 67/73) e Concordato minore (articolo 74/83). E’ stato poi introdotto un inedito piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (art. 64-bis) che è sostanzialmente una via di mezzo tra il piano di risanamento e il concordato preventivo: con esso è possibile derogare alle regole sulla distribuzione dell’attivo purché la proposta sia approvata dall’unanimità delle classi dei creditori.
In conclusione, si tratta di una vera e propria rivoluzione copernicana della materia fallimentare che ha come attore principale l’impresa, prima ancora che il creditore. Il fallimento – rectius: liquidazione giudiziale – è una sorta di extrema ratio da evitare finché si può. La salvaguardia dell’impresa, anche in chiave preventiva, è il vero obiettivo perseguito dal legislatore. A parere di chi scrive, però, l’eliminazione dei sistemi d’allerta ha consegnato a tutti gli attori – ed in primis all’imprenditore – un’arma spuntata. Non sempre i cambiamenti portano miglioramenti.